di Valentina Berengo
Abbiamo intervistato in radio Paolo Zardi sul suo libro “XXI secolo” (qui), semifinalista al Premio Strega, e ci è venuta voglia di sapere qualcosa di più sull’editore indipendente che, come nelle migliori storie, ha creduto da subito possibile che un libro potesse arrivare in alto esclusivamente per i suoi meriti.
Intervistiamo Francesco Coscioni che, insieme ad Angelo Biasella, è la mente (e il cuore) della casa editrice Neo.
PBS: Come nasce la casa editrice NEO.? Perché? E perché con questo nome?
FC: Nasce dopo un’illuminazione e un genuino atto di presunzione. Da gran lettori e appassionati, in un clima lavorativo sempre precario, ci siam detti “precario per precario, almeno scommettiamo su una nostra passione” e lì abbiamo fatto convergere anche le nostre esperienze più specifiche: io, vengo dal marketing e dalla comunicazione, il socio dalle lettere e dal giornalismo. L’idea era di voler proporre quei libri che come lettori avremmo voluto leggere e, forse, come scrittori scrivere. La presunzione è che i nostri libri sarebbero stati i più belli. Per il nome volevamo qualcosa di breve, conciso, che rimandasse al corpo, in questo caso alla nostra pelle.
PBS: Nel 2008, anno della fondazione, un tuo racconto («Senza nessun suono e senza nessun motivo») usciva nell’antologia «Giovani cosmetici» (Sartorio editore), ed oggi, che la NEO. è affermata nel panorama editoriale, un altro tuo racconto («L’urto umano») fa parte dell’antologia «L’amore ai tempi dell’apocalisse» appena pubblicata dall’editore Galaad. Francesco Coscioni è prima di tutto uno scrittore o un editore? O è una distinzione priva di senso?
FC: Diciamo che se riuscissi a coltivare un hobby quello sarebbe la scrittura. Scrivere mi piace molto, quasi come leggere, in alcuni momenti di più. Ma la scrittura ha bisogno di dedizione, anche di metodo, cosa che non riesco a seguire. La mia posizione mi fa crescere di giorno in giorno. Avere a che fare con gli autori e i loro libri, ragionarci, lavorarci, mi svela meccanismi e sguardi che mi arricchiscono. Sto accumulando un bagaglio di suggestioni ampissimo, la verità però è che scrivere non è soltanto mestiere.
E così prima di fondare la Neo scrivevo, avevo più tempo. Il cortocircuito di cui parli ha un sapore squisitamente umano e affettivo. Con l’antologia “Giovani cosmetici” conobbi Paolo Zardi, autore anche lui di un racconto. Da lì non ci siamo mai lasciati. Ricordo che quando seppe che stavamo fondando una casa editrice, ci propose un racconto per la nostra prima antologia e non lo accettammo. Questo rifiuto convinse Paolo della nostra onestà intellettuale e del tipo di ricerca che facevamo, e così ci propose di leggere una sua raccolta di racconti. Ne restammo fulminati, ci stregò. La pubblicammo con il titolo di “Antropometria”. Da lì sono seguiti altri due libri straordinari “Il giorno che diventammo umani” e “XXI Secolo”. Capisci bene che quando Paolo mi ha proposto di scrivere un racconto per un’antologia che avrebbe curato lui, la cosa mi ha divertito e intrigato, e così, grazie a lui, ho riprovato la meravigliosa sensazione dello scrivere. Sensazione che ho provato non tanto quando ho finito di scrivere il racconto (come di solito mi succedeva), ma appena prima di cominciare a scriverlo.
E comunque sono prima di tutto un editore, è in questa direzione che indirizzo tutte le mie energie.
PBS: La vostra linea editoriale è manifesta: «cerchiamo lettori viscerali, consapevoli, irriverenti, curiosi, dissacratori; cerchiamo opere viscerali, amorali, irriverenti, dissacranti, consapevoli, coraggiose» scrivete nel sito. Perché questo desiderio di essere controcorrente? Non c’è sufficiente distonia nel mondo per volerla trovare anche nei libri?
FC: Eh, eh, può sembrare un po’ aggressiva in effetti, e forse dovremmo limarla visto che i nostri gusti si sono ampliati sempre di più. E comunque no, nel senso che la distonia che cerchiamo non è nei contenuti o nelle tematiche di un libro, ma nello sguardo con cui qualcosa viene raccontato. La nostra idea è che sempre di più la proposta culturale che ci arriva tende a livellarsi e uniformarsi verso modelli ripetitivi. Ciò che ci piace e ci emoziona è sempre di più qualcosa che ci dà conferme piuttosto che metterci in discussione. Siamo dell’idea che un lettore debba essere un po’ pioniere, un viaggiatore che scopre, che si lascia emozionare dall’inatteso. Siamo convinti che quando leggi un libro, quello deve creare un movimento, riuscire a spostare il lettore. Ci teniamo molto alla forma, alla consapevolezza della scrittura e dei meccanismi della narrazione, proprio per questo cerchiamo scrittori e lettori che si incontrino in una scoperta, in viaggio che sia nuovo per entrambi. Adoro le storie d’amore ma ancor di più adoro il modo in cui queste possono essere raccontate. Vedi appunto “XXI Secolo”.
PBS: In epoche di grandi gruppi e grandi fusioni, c’è qualcosa di eroico nell’essere “piccoli”. E al contempo di apparentemente transitorio. Qual è il sogno di un editore indipendente? Quale il peggior incubo?
Il sogno di un editore indipendente è quello di ogni artigiano o libero professionista: riuscire a vivere del proprio lavoro, crescere per poter permettersi di coinvolgere e lavorare con un certo numero di collaboratori, ma senza oltrepassare un limite, quello oltre il quale perdi il contatto con i libri che tu stesso pubblichi. Per noi questo è un aspetto cruciale, che che se ne dica, quando hai a che fare con autori, lettori, libri, storie, hai a che fare con qualcosa di vivo, che non è solo matematica, è questo l’aspetto più bello del fare gli editori, e non vorrei mai perderlo.
PBS: Paolo Zardi, uno dei vostri scrittori di punta, è arrivato fino alla semifinale del Premio Strega ed ha raggiunto la notorietà. Ora pubblicherà il suo prossimo romanzo ancora con voi. Credi nel matrimonio tra un autore e una casa editrice?
FC: È stata una magia, un gioco di squadra perfetto. Quando in casa editrice abbiamo letto “XXI Secolo” ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti “questo romanzo è da Premio Strega”. Non ci avevamo mai pensato prima, ci sembrava una cosa lontana, irraggiungibile, eppure sapevamo di avere un romanzo oltre che meraviglioso, con degli elementi importanti per partecipare ad un premio del genere. Il passo successivo è stato capire come si partecipa e avere la fortuna di incontrare persone animate dal nostro stesso entusiasmo e dalla nostra stessa onestà intellettuale. Va detto che il matrimonio tra noi e Paolo era avvenuto prima. Ci credo sì, ci credo fin quando siano entrambi i partner a crederci, come tutti i matrimoni che si rispettino. Di solito è l’autore a fare la fortuna dell’editore, almeno si crede, ma tanto spesso è anche il contrario. L’idea comune è che un bravo scrittore passando con una casa editrice più grande, possa avere più possibilità. È vero soltanto in parte, purché la casa editrice più grande abbia voglia di puntare su quell’autore tra tanti altrettanto bravi che ha. Una casa editrice indipendente non può che puntare su di lui, non ha scelte, è un amore preistorico e coatto. Spesso la cura, l’attenzione, che un editore indipendente riesce ad avere è maggiore, anche per un semplice fatto di risorse da poter dedicare. Con Paolo abbiamo deciso serenamente e felicemente di continuare questa liaison per cui sì, pubblicheremo insieme il suo prossimo romanzo e qui, oltre al rispetto intellettuale, credo ci sia anche una grande dimensione di affetto.
PBS: Se aprissi domani la tua casella di posta, e come immagino accada spesso, ci trovassi un nuovo manoscritto, come lo vorresti? Che autore ti augureresti di pubblicare?
Non mi è facile risponderti. Sono in una fase di cambiamento, intendo come gusti. Mi è successo anni fa con la musica, poi con il cinema, ora mi sta succedendo con la letteratura. Intendo un cambiamento forte per cui sono alla ricerca di qualcosa che mi tenga sulle pagine e che, una volta letto, mi riempia. Di sicuro vorrei trovare i manoscritti che stiamo per pubblicare. Non scherzo, potrà apparire presuntuoso, appunto, ma vorrei leggere i nostri nuovi libri in uscita. E comunque, vorrei un romanzo che riuscisse a parlarmi delle onde gravitazionali, raccontandomi la storia di una famiglia.
PBS: Quali sono i tuoi buoni propositi per il 2016, letterariamente parlando?
Pubblicare libri che scuotano i lettori, facendoli ridere, commuovere, intrigandoli. E, una volta chiuso il libro, sentirsi in un posto appena diverso da quello in cui erano quando hanno cominciato a leggere.
Cominciamo il 3 marzo, in tutte le librerie, con il romanzo “Sfida all’OK Dakar” di Otello Marcacci. Un romanzo divertente, rocambolesco e toccante, in cui il protagonista per rimettere insieme i pezzi della propria vita e tenere saldo il legame con i suoi figli, si ritrova a correre la corsa più folle cui il mondo abbia mai assistito. In bici.