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In attesa del prossimo romanzo di Nadia Terranova, previsto in uscita per Einaudi il prossimo ottobre, vi raccontiamo (insieme a lei, l’autrice) il suo esordio, nel 2015, nella narrativa per adulti: Gli anni al contrario (Einaudi editore, collana Stile libero big, 144 pagine) vincitore dei premi Bagutta opera prima, Brancati, Fiesole. Secondo noi ti piace se sei fatto così:

Genere: maschio o femmina

Età: dai 16 anni in su

Carattere e stato d’animo: sei riflessivo ma anche passionale, le sconfitte non ti demoralizzano mai e anzi trovi quasi sempre il modo di farne tesoro. Hai voglia di leggere un libro intenso ma non necessariamente… con tante pagine!

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Il romanzo racconta la storia di una famiglia. La più piccola famiglia che si possa immaginare: mamma (Aurora) papà (Giovanni) e bambina. Solo che Giovanni e Aurora sono molto giovani, forse troppo, e ancora non hanno ben capito chi sono, mentre fuori furoreggiano gli anni Settanta, con tutte le contraddizioni politiche e sociali che sappiamo. Nadia Terranova in punta di coltello ci conduce attraverso una storia, che per quanto particolare (è lei la bambina e la sua la storia) ha davvero una traccia di universale. Noi l’abbiamo intervistata.

Ascolta il podcast (o scaricalo qui):

Oltre ad aver scritto questo libro che è per adulti, hai scritto diversi libri per bambini e per ragazzi. Pur essendo queste distinzioni delle categorie teoriche non necessariamente universali, trovi comunque che sia diverso scrivere pensando ad un pubblico di adulti, specie per te che sei abituata ad avere un pubblico più giovane?

In realtà questo è il primo libro che ho scritto: l’ho scritto prima che fossero pubblicati gli altri libri per ragazzi e non ho mai pensato, al contrario, di scrivere per ragazzi se non dopo avere finito la prima stesura di questo romanzo.
Sicuramente la differenza tra la scrittura per bambini e per adulti si può porre in termini di età dei protagonisti dei libri, perché un libro per bambini o per ragazzi dovrebbe avere sempre per protagonisti dei bambini che abbiano la stessa età o siano poco più grandi dei lettori cui si intende destinarli, mentre nel caso di un romanzo per adulti i protagonisti possono essere adulti oppure la voce narrante può anche essere un bambino, come nel caso di Io non ho paura di Ammaniti. Insomma le possibilità sono più varie. Naturalmente non esistono regole senza eccezioni, e questa regola non fa eccezione perché ci sono degli albi illustrati per bambini che hanno come personaggi degli adulti soltanto, come anche le filastrocche di Rodari che però fanno ridere eccetera…
C’è poi naturalmente un problema di lingua: non si può non tenere conto che un bambino ama leggere delle parole che conosce, ma questo non deve penalizzare né impoverire il linguaggio. Si può disseminare una parola desueta in un libro per bambini, e anche più d’una, purché magari dal contesto si possa ricavare il significato, senza quindi mettere in difficoltà il lettore.

Lo stile de Gli anni al contrario è asciutto, essenziale, semplice. Verrebbe quasi di pensare che tu l’abbia scritto pensando di renderlo veramente universale e accessibile anche a lettori giovani. Eppure è un libro intensissimo. Come hai fatto?

In verità è uno stile che diventato essenziale per sottrazione, perché io lavoro molto per cercare la parola precisa, la parola giusta, ed è inutile dire in tante parole e tante righe quello che si può dire lavorando di più, con più tempo, ma con l’esattezza di una parola soltanto. Non mi piace tanto portare il lettore nei meandri di una struttura farraginosa quanto fornirgli una soluzione che io stessa, con un lavoro magari di mesi o di anni, ho trovato.
Non pensavo ai ragazzi, devo essere sincera, quando ho scritto Gli anni al contrario. Lo vedevo come un libro molto triste, forse troppo triste, che raccontava un decennio per loro lontano. Invece ha girato molto nelle scuole, è stato adottato dagli insegnanti e questo ha sorpreso me per prima.

Leggendo il libro, arrivati all’epilogo si fa una scoperta: il romanzo appare essere fortemente autobiografico… è vero? E se sì, come hai fatto a metterti alla giusta distanza per scrivere?

Il libro in effetti contiene un epilogo che io alla fine volevo togliere, perché non ero più convinta, ma la mia editor ha assolutamente voluto che lo mantenessi. L’avevo scritto di getto arrivata a metà libro, proprio perché sentivo il bisogno di eliminare la distanza che creava quella storia nella lettura. Certamente è autobiografico nel senso che si rifà ad una storia che conosco bene e che è la storia di Giovanni ‒ si chiamava nella realtà così come si chiama nel libro ‒ che era mio padre, e io volevo raccontare la sua storia. Perciò ho attinto dall’autobiografia, naturalmente modificandola e piegandola alle regole narrative, altrimenti avrei scritto una biografia, invece volevo scrivere un romanzo. Volevo scrivere una storia d’invenzione anche se questa prendeva spunto da fatti reali: dalla storia d’amore, che era quella fa Giovanni e Aurora, di cui io avevo visto in realtà più la fine che l’inizio.

Perché gli anni sono al contrario? (Mi pare che nel libro lo dica  Giovanni). Perché chi raccontala storia ne ha già in qualche modo visto la fine? O c’è un’altra ragione?

La prima ragione è senz’altro quest’ultima: cioè sono anni raccontati con il “riavvolgimento del nastro” quindi si parte dall’inizio ma chi l’ha raccontata sa già come va a finire, e ha “riavvolto il nastro della memoria”. La seconda ragione è certamente quella che dice Giovanni a metà del libro nella lettera che scrive ad Aurora in cui parla di quegli anni come di anni andati tutti al contrario, cioè ogni cosa è andata storta, nella maniera sbagliata. In qualche modo il termine “gli anni al contrario”, poi, rievoca anche il decennio dal ’77 all’89 in cui è ambientato il libro.

E c’è particolare bisogno secondo te di raccontare quegli anni? Soprattutto a noi che siamo figli di persone che quegli anni hanno magari vissuti intensamente e noi adesso ci troviamo invece in un periodo completamente diverso?

È un modo per fare i conti con il posto da cui veniamo, con il tipo di cultura in mezzo alla quale siamo nati, quindi sì, direi senz’altro di sì.

Un’ultima curiosità: stai scrivendo? E se sì, ci può rivelare qualcosa?

Sì, sto scrivendo un libro che uscirà ad ottobre per Einaudi. Forse l’unico punto in comune con Gli anni al contrario è che è una storia nuovamente ambientata a Messina, però si tratta di un libro molto diverso, sia per la scrittura che per la storia, pur restando un libro contemporaneo.





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