Francesca ha confessato di aver fatto le 3 del mattino per leggere il libro. Al di là della storia avvincente, che si incastra come un puzzle perfetto, ha notato la crescita del protagonista che le ha fatto apprezzare il libro quasi come fosse un piccolo romanzo di formazione camuffato da “giallo poliziesco”:
L’avevo già a casa perché l’aveva letto mia mamma (che è una grande lettrice) ma io l’avevo sempre un po’ snobbato perché la copertina non mi piace proprio (ndr, ha tutto il nostro appoggio!) però, da quando l’ho iniziato, non l’ho più lasciato.
Dopo il commento positivo di Francesca, supportato da una di noi due (Gioia), è arrivata la stroncatura di Maria Luisa:
No, no, no. Banale. Noioso. Prolisso. Poteva benissimo durare 200 pagine in meno! Per me è anche scritto male. Bocciato!
A questo punto l’altra di noi, Valentina, si è sentita in dovere di richiamare l’attenzione di Maria Luisa su un’informazione che aveva carpito da un’intervista allo scrittore Joël Dicker:
Pare che La verità sul caso Harry Quebert sia stato scritto dopo che il giovane Dicker aveva frequentato un corso di scrittura creativa. Forse questo romanzo è frutto di uno studio, sembra proprio l’esito ben riuscito di un lavoro teorico, ma non si può dire che non sia un buon libro. Scorre, è piacevole, è scritto con uno stile corretto. Certo, è un libro furbo e commerciale.
Alcuni membri del gruppo l’hanno difeso come libro rilassante, da ombrellone ma nel senso buono! L’hanno paragonato a una serie tv che ti prende, ti avvince anche se poi, a distanza di tempo, non lascia molto il segno. Chi l’aveva letto appena uscito, ossia quattro anni fa, non l’avrebbe riletto, ecco, e non se ne ricordava granché come ha detto Cinzia
Il fatto che non mi ricordi nulla di questo romanzo vuol dire che, per me, non ha un grande spessore letterario.
Sara, invece, era contenta di averlo letto perché era nella sua wish list da un sacco di tempo, ed Elisa, alla sua prima apparizione nel gruppo, l’ha difeso:
Perché la storia d’amore non consumata tra Harry e Nola era così poco descritta ma così ugualmente intensa che ha assunto i toni del mito: come l’amore di Dante per Beatrice!
Giulia, alla parola “amore”, si è scaldata:
No vi prego, non parlatemi di amore: io ho trovato i personaggi piatti, senza spessore, irreali. E poi dovete dirmi perché NOLA scritto in maiuscolo! A un certo punto speravo fosse un acronimo, almeno avrebbe avuto senso scriverlo così!
Dopo tante opinioni femminili anche i maschi del gruppo hanno detto la loro. Massimo (detto “Massimo 1”) ha confessato d’aver fatto anche lui le 3 del mattino per leggerlo e di aver apprezzato molto il modo in cui lo scrittore ha fatto emergere l’ipocrisia della gente mentre l’altro Massimo (detto “Massimo 2”) aveva notato come tutte le azioni compiute dai personaggi, anche le più efferate e criminali, fossero mosse da legami di amicizia o amore, elemento drammaturgico che gli era piaciuto.
Infine, alcuni lettori hanno lasciato la loro impressione online nel gruppo privato di Facebook. Jsaac si è chiesto
Come mai l’autore dipinge tutte le donne sotto una cattiva luce?
E’ un’osservazione che abbiamo rilevato in tanti. Le figure femminili del romanzo sono tutte negative: Jenny, Tamara, la stessa Nola. E Alessandra, sempre online, ha fatto la vera domanda del secolo che è rimasta aperta e sospesa:
Perché alla fine del libro il protagonista Marcus Goldman (alias Joël Dicker) non attribuisce Le origini del male al vero autore?!
Chiusa la condivisione con il quesito che penderà su di noi, finché il lettore più sagace del gruppo, Jsaac, non avrà dato la sua versione, abbiamo votato il sentimento più diffuso tra i partecipanti scegliendo una di queste quattro voci.